Energie a confronto.

È di questi giorni il duello sui media fra Enel ed ENI. Due pesi massimi dell’energia, purtroppo – o per fortuna – entrambi di proprietà pubblica. Entrambe le campagne sono istituzionali, vale a dire non tese a vendere un prodotto (un’offerta, un nuovo contratto) ma l’istituzione stessa. Colpisce la quasi simultaneità (Enel è on air da un mese, ENI da pochi giorni), che induce a qualche riflessione, e a un inevitabile confronto.

Le due campagne sono ovviamente lavori di grande professionalità, ed entrambe molto ben scritte – notazione da vecchio (?) copy. ENI più classica e focalizzata sulla ricerca come mission aziendale, con il claim Rethink energy. Agenzia TBWA\Italia, art director Chiara Giannuzzi e Michele Marconi, copywriter Raffaella Iollo e Arnaldo Funaro, direttore creativo Fabrizio Caperna.

Enel più socialmente impegnata, con il suo appello ai guerrieri della vita quotidiana, e alle loro storie. Agenzia Saatchi & Saatchi, art director Manuel Musilli, copywriter Antonio Di Battista, direttore creativo Agostino Toscana.

Enel decide di mettere un piede nei social media con l’hashtag #guerrieri, e lo mette invece su una buccia di banana. Perché se la gente è smaliziata i social networker lo sono ancora di più, e la campagna è diventata quello che in rete definiscono epic fail, sollevando polemiche di ogni genere. Non solo da parte degli spettatori, che hanno il sospetto dietro all’omaggio ci sia un pizzico di sfruttamento commerciale, e di indelicatezza visto il dramma economico che stanno vivendo tutti i #guerrieri. Ma anche dai fornitori di altri servizi, offesi perché lo spot accenna (anche) ad autobus che non arrivano mai. Morale: sono tutti arrabbiati, e non si contano in rete gli interventi polemici. L’azienda si difende con apparente sicurezza, e certo molte delle polemiche appaiono forzate. Ma resta il sospetto che vinca il principio del “bene o male, purché se ne parli”. E che forse l’operazione sarebbe stata più rotonda, se il sostegno ai #guerrieri fosse stato sostanziato con un’offerta ad hoc.

Al contrario, ENI non chiede interattività, e comunica unidirezionalmente, alla vecchia maniera, pur con un minimo supporto digitale. Io azienda parlo (con la voce di Toni Servillo), tu consumatore ascolti. Ma in questo caso l’approccio classico è premiante, anche in termini di immagine, che ne esce più forte e più alta. La conclusione è che l’interattività, come l’energia, è un bene prezioso. Usiamola con parsimonia. E ora, pubblicità.

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