The Times is a-changing.

Può la scelta di un carattere influenzare milioni di persone? Se è quello adottato da un grande quotidiano, certo che può. La Repubblica ha cambiato format grafico, e naturalmente già fioccano le polemiche. Il carattere è più piccolo, dicono. Non si legge, dicono i lettori della carta stampata (la cui età media ogni anno sale inesorabilmente).

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In realtà, non è vero che il nuovo carattere usato è più piccolo. E’ solo più sottile, il che dà questa sensazione di “troppo bianco” he alcuni lamentano, e che invece può aggiungere alla grafica dei nostri giornali un pizzico di quella eleganza molto anglosassone, che usa lo spazio (e non l’inchiostro) per dare rilevanza a un titolo (eccezion fatta per il Sun e il resto della stampa popolare, of course). Non a caso, assomiglia molto al carattere usato dal New York Times.

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Il nuovo carattere scelto per i titoli – quasi sicuramente un Cheltenham –  è un carattere graziato, cioè provvisto di grazie, che sono le stanghette che interrompono le linee. È anche aggraziato, e non si presta a essere usato in bold, o grassetto. Il che vuol dire implicitamente negargli la possibilità di urlare. L’autorevolezza, un titolo, dovrà guadagnarsela da sé. Diamo così addio al vecchio carattere usato per i titoli di Repubblica, un Times leggermente condensato (cioè compresso in modo da rendere ovali le lettere rotonde, e permettere più testo nello stesso spazio).

Il Times è stato abbandonato anche nei testi, a favore dell’Egyptian. Un carattere meno condensato e meno fitto, che dà la sensazione (reale?) di essere più piccolo, e anche meno leggibile. Ma forse è solo questione di abitudine.

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Il vecchio e glorioso Times merita qualche parola di commiato. Fu uno dei rari casi di carattere commissionato ad hoc per un quotidiano. L’anno era il 1932, il designer Victor Lardent (che aveva lavorato su un precedente progetto di Stanley Morison), il quotidiano naturalmente The Times. Il carattere era stato progettato per essere funzionale, per garantire cioè la massima leggibilità nel minore spazio. Ma i tempi cambiano, e cambia anche il Times. E ora, pubblicità.

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