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L’insostenibile leggerezza del wearable.

Mi scuso con gli eventuali lettori affezionati che si fossero affacciati su questo Blog negli ultimi mesi, trovandolo cristallizzato a un post della scorsa estate. I miei buoni propositi di aggiornarlo una volta alla settimana si sono scontrati con nuovi progetti e mille altre cose da fare, e hanno avuto la peggio. Cercherò di aggiornarlo più regolarmente in futuro.

Vorrei riprendere le nostre pillole con un’operazione che si presta a riflessioni sempreverdi sulla comunicazione contemporanea. Nel settembre dell’anno scorso, OVS ha lanciato in pompa magna un’avveniristica operazione Continua a leggere



Back to the future.

È tornato Carosello, ma il tentativo di rilancio del format si è rivelato un flop, almeno da un punto di vista creativo, come si nota (giustamente) qui e qui. Insieme a Carosello sta tornando la pubblicità di venti o trent’anni fa. Un settimanale di intrattenimento ha presentato in edicola una serie di DVD con gli spot degli anni ’60, e qualche mese fa ha rifatto capolino in TV il mitico Gringo, indimenticato testimonial spaghetti western della carne Montana (gruppo Cremonini).

Il confronto, più che difficile, è inutile. A parte i tempi del vecchio Carosello, che oggi appaiono dilatati al limite della sopportazione, la versione originale era piena di invenzioni grafiche e stilistiche, realmente innovative per l’epoca.

Non è la prima volta che la pubblicità cita sé stessa, o meglio i suoi tempi d’oro. Ma il vero punto è: perché questo ritorno al passato? Forse non ci sono più idee? Non credo. Credo invece che questa sia la prova più lampante di come una comunicazione coerente sia stata in grado, in passato, di costruire valore intorno alla marca. Un asset imponente, al punto da poter essere ancora capitalizzato a distanza di cinquant’anni. E di questi nostri folli anni, cosa resterà fra cinquant’anni? Temo poco. I marchi hanno troppa fretta, troppa impazienza, cambiano agenzia ogni pochi mesi, comprano progetti a breve termine, con molti accessori e poche fondamenta. E i nostri figli non avranno neanche la soddisfazione di riguardarsi le vecchie pagine di Facebook. E ora, pubblicità.



La politica, senza la politica (II).

RENZI, MI CANDIDO A GUIDARE L'ITALIA DELUSI PDL VOTINO ME

Lo storico marchio PD, amato e odiato, fa parte della storia degli italiani come la Fiat e la Ferrero. Dopo una serie di riposizionamenti, renaming e rebranding ha oggi un nuovo amministratore delegato, che agli azionisti ha promesso finalmente dei dividendi. Il prodotto su cui punta Matteo Renzi è il cambiamento: le ricerche di mercato ne rilevano la forte domanda, e una colossale campagna di lancio l’ha ulteriormente rafforzata. La gente fa la fila, e bivacca sui marciapiedi come per il Day One dell’iPad. Sulla carta, sembrerebbe un successo annunciato, di dimensioni epocali. Peccato che il prodotto non sia ancora a punto. Sugli scaffali non c’è ancora, e i commessi non sanno più cosa dire ai clienti (“dovrebbe arrivare la prossima settimana”). Non solo: l’amministratore delegato sta trovando delle resistenze all’interno del CdA. È chiaro che il fattore chiave per Matteo Renzi è il tempo: deve vincere le resistenze del CdA, mettere a punto il prodotto e distribuirlo subito sui punti vendita. Il momento è adesso, la gente non resterà in fila fuori dai negozi ancora per troppo tempo. E gli azionisti vogliono risultati. Per questo la campagna di lancio continua, deve continuare, tutti i giorni su tutti i mezzi, con un investimento mediatico da far impallidire L’Oréal. Ma quanto può durare una campagna di lancio?



Be short, be sharp.

Questa lettera è più lunga delle altre perché non ho avuto agio di farla più breve. (Blaise Pascal)

Si arriva alla perfezione non quando non c’è più nulla da aggiungere, ma quando non c’è più nulla da togliere. (Antoine de Saint-Exupéry)

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Questo post parte da due fra le mie citazioni preferite, che portano dritto alla tecnica più efficace di comunicazione: la sintesi. Dove sintesi non vuol dire necessariamente dire poco, ma dire una cosa sola. Un colpo solo, preciso e micidiale, che va molto più lontano di una rosa di pallini sparati a casaccio. Intorno a una argomentazione unica (la famosa USP, Unique Selling Proposition, inventata da Rosser Reeves) la creatività lavora in modo più efficace, e può produrre un messaggio memorabile. Certo, bisogna resistere alla tentazione di dire anche questo e anche quell’altro. Ma giuro, funziona.

E se la sintesi comunica meglio, perché non cominciare dai rapporti al’interno dell’azienda, o fra cliente e agenzia? Perché si inviano tonnellate di allegati, powerpoint di centinaia di pagine, file di testo chilometrici, spesso ridondanti e ripetitivi? Spesso per pigrizia, e per lavarsi la coscienza. A fare un documento di cinquanta pagine sono capaci tutti, a farne uno di tre – se riesce a trasmettere il succo – poche menti superiori. E pensate al difficile mestiere del comunicatore, che deve spingere la sintesi all’estremo, alle pochissime parole di un titolo o di un payoff. Che devono arrivare come una fucilata.

E ora, pubblicità. E buon anno a tutti.

 

 



Dieci anni di solletico alle meningi.

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Per una volta vorrei parlare di noi, cioè di Horace. A costo di essere leggermente autocelebrativo. Ma un pizzico di soddisfazione è legittimo: quest’anno festeggiamo il nostro decimo compleanno. Dieci anni di vita, nella comunicazione, di questi tempi sono come cento. Quando siamo nati era tutto diverso (una volta qui era tutta campagna, verrebbe da dire). Il web esisteva naturalmente – e Horace è stata un’agenzia fortemente digitale fin dall’inizio, quando molte grandi agenzie usavano ancora il fax – ma i social network non ancora, e la rete non aveva la rilevanza quotidiana che ha oggi.

Sono stati dieci anni molto intensi, con molto entusiasmo, parecchie soddisfazioni e qualche inevitabile delusione. Abbiamo prodotto molto lavoro (potete vederne un po’ QUI): campagne viste e riconosciute, ma anche pazienti, quasi invisibili operazioni di costruzione (o ricostruzione) di identità. Spot televisivi e campagne stampa, brochure istituzionali e siti web, maxiaffissioni e biglietti da visita. Abbiamo prodotto idee per clienti, strumenti e contenuti sempre diversi. Ma sempre con onestà intellettuale, cercando di aggiungere sempre un segno del nostro stile, e di stimolare aree nascoste della mente: attraverso un sorriso, una provocazione, una scintilla che faccia scattare qualcosa in chi riceve il messaggio.

Grazie quindi a chi in questi dieci lunghissimi anni ci ha dato fiducia: Associazione Luca Coscioni, Beauty and the Beast, Confartigianato, D-Shape, Discovery Channel, Enginia, Expotrans, Games Week, Intercultura, Scuola Superiore Sant’Anna, TicketOne, Ospedale San Raffaele, Recordati, Rede, Tecnofilati, UAAR, UbiSoft, Un ponte per, Università di Ferrara, di Pisa e di Pavia, Valtur. E ora, pubblicità.



La meraviglia delle idee.

Sapevate che da cinque o sei anni, senza rendervene conto, state contribuendo a digitalizzare il patrimonio letterario dell’umanità?

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Di recente, sono stato a una conferenza TED. Per chi non sapesse di cosa si tratta, è una intuizione che le “buone idee” possano essere messe a disposizione di tutti sulla rete, a gratis (vedi QUI). Una sorta di acceleratore di progresso, e anche un bell’ideale di condivisione del sapere. Si tratta di brevi conferenze, pillole di 18 minuti, preferibilmente in inglese (ha un’audience più ampia), che poi vengono caricate sul sito e messe a disposizione di tutti. Alcune vengono visualizzate milioni di volte, allargando alquanto il classico concetto di “conferenza”.

Ci sono stati due interventi che mi hanno davvero colpito.

Uno era di due ragazzi (un italiano e un italo-israeliano) che hanno inventato una cosa pazzesca. In pratica, un sistema operativo che sta sul chip di una schedina di plastica, funziona su qualsiasi computer, e si porta appresso tutte le vostre applicazioni e i vostri file. In aggiunta, può funzionare da badge identificativo e da sistema di pagamento. In pratica, uscite con quella card in tasca, potete attaccarla a qualunque computer (PC o anche Mac) e vedete la vostra scrivania, completa di tutto. La sfilate, e tutti i dati restano con voi. Il sistema si chiama Keepod, e ovviamente i due giovani geni hanno dovuto spostare la loro sede a Londra, perché qui per avere un pezzo di carta ci vogliono due mesi. E da lì, si accingono a conquistare il mondo.

Il secondo era un intervento (in video) di Luis von Ahn. Avete presente il “captcha”? Quei caratteri che tocca digitare quando si compila un modulo online, per evitare che un programma lo compili milioni di volte? Beh, l’ha inventato lui. Ogni giorno ne vengono fatti 200 milioni in tutto il mondo. Duecento milioni. Una media di 10 secondi a persona, e fanno un totale di 500.000 ore di tempo al giorno. Allora Luis si è chiesto: come potremmo usare tutto questo tempo in modo utile?

Da anni è in atto un processo di digitalizzazione di tutti i libri usciti in epoca pre-digitale. Lo stanno facendo Google, Wikipedia, Amazon, eccetera. Il sistema funziona, ma sui libri più vecchi i sistemi di riconoscimento hanno dei problemi, e non riescono a riconoscere le parole. Perché allora non sfruttare quelle 500 mila ore in cui il cervello umano fa qualcosa che un computer non sa ancora fare? Nella prima versione, i “captcha” erano caratteri e numeri a casaccio. Nella seconda versione “Re-captcha” (adottata da 350.000 siti, da Google a Facebook a Twitter) vengono proposte all’utente due parole di senso compiuto, una delle quali è una scansione che il computer non è riuscito a decifrare. L’altra (non sapete quale) serve come controllo, e suppone che abbiate digitato correttamente anche la prima.

recaptcha

Con questo sistema, ogni volta che vi autenticate su un sito date il vostro piccolo contributo. Ogni giorno vengono correttamente digitalizzate 100 milioni di parole, il che equivale a 2,5 milioni di libri l’anno che vengono digitalizzati a beneficio dell’umanità. Non è fantastico? La cosa straordinaria è che 750 milioni di persone hanno partecipato a questo progetto, senza neppure saperlo. Fino a oggi, le grandi imprese (dalle Piramidi in poi) hanno coinvolto al massimo 100 mila persone, per l’oggettiva impossibilità di coordinarne un numero maggiore. Oggi, con al tecnologia, si può.

Il nuovo progetto a cui sta lavorando Luis è tradurre tutto il web in tutte le maggiori lingue del mondo. Bazzecole. Ha inventato un sistema di corsi gratuiti di lingue, si chiama Duolingo, e mentre fai pratica traduci un pezzetto di contenuti del web (quotidiani, Wikipedia, etc). Se il progetto decolla, potremmo tradurre tutta Wikipedia in spagnolo in 5 settimane con 100 mila partecipanti, in 80 ore se i partecipanti arrivano a 1 milione.

Qui sotto la sua conferenza, dura 18 minuti ma è affascinante (volendo ci sono i sottotitoli in italiano). Ah, dimenticavo: Luis ha 34 anni ed è Professore di Informatica alla Carnegie Mellon University. Mettete questa storia insieme a quella dei due ragazzi di Keepod, e fate voi la morale. E ora, pubblicità.