Se mi chiedessero di progettare una caffettiera per Alessi, è probabile che declinerei l’invito. Non è il mio mestiere, e rischierei di dar vita a un oggetto che non funziona. Quando invece hanno chiesto ad Alessandro Mendini di progettare il marchio della Regione Toscana per l’Expo, lui non ha esitato e si è buttato. Il risultato, purtroppo, non funziona.
Alessandro Mendini è un fantastico ragazzo ultraottantenne, un enfant terrible che ha creato meraviglie del design italiano, da Alessi a Swatch. Il marchio che ha progettato rispecchia il suo stile ludico e irriverente, ma non funziona lo stesso. O meglio: non è un marchio, è un collage. Nel complesso anche divertente, ma irricordabile.
Un marchio nasce con la sofferenza. Deve trovare la sintesi suprema, procedere per sottrazione e non per addizione. Al contrario, come nei vecchi stemmi araldici, il marchio toscano risolve sé stesso per aggiunte, inserti, elenchi. Ci sono il fiume e la montagna, l’alloro e le olive, il vino e la musica, Pinocchio e Brunelleschi. Immagino facilmente le riunioni col cliente: “sì, ma qui manca il vino! E Collodi? Non si può non citare Collodi.” E il povero Mendini, invece di svicolarsi da quella logica descrittiva e puntare sull’astrazione pura, pazientemente prendeva nota. Mancherebbe la finocchiona, e anche un riferimento all’Isola di Giannutri. Si vede che anche l’Assessore alla fine si è accorto che era finito lo spazio. E ora, pubblicità.
Totalmente vero anzi troppo buono. È puerile e trascuratissimo. E le due olive, perché fossero plurali, da morir dal ridere.