Il tempo che manca per pensare.

elefanteIl tempo è quello che davvero manca di più. Tempo per capire, per metabolizzare, per rispondere. Il digitale fa da acceleratore, imponendo tempi di reazione sempre più veloci. E azzerando il pensero.

Lo dimostrano due storie recenti, quella dell’ormai abusato “petaloso” e quella della morte di George Martin. La prima sembrava una bella favola, con la comunità digitale che ha adottato la nuova parola del piccolo Matteo (in realtà un aggettivo composto, come potrebbe esserlo plasticoso o rugiadoso) per farla diventare parola di uso comune. Ma il buon proposito iniziale si è trasformato in una moda fatua e schizofrenica, usata da DJ e commentatori quasi sempre a sproposito, e dal grande Matteo (Renzi) perfino per presentare un progetto tecnologico. L’epilogo ha poco di fiabesco, con la fila di aziende a registrare il marchio Petaloso a fini commerciali, e capitalizzare in fretta questa fama improvvisa. Tre società hanno fatto domanda all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, prima che lo facesse anche il papà di Matteo per cercare di tutelarlo. E la fine della fiaba, chissà quale sarà.

L’altra storia riguarda la morte di George Martin, avvenuta pochi giorni fa. La notizia riguardava il vecchio e leggendario produttore dei Beatles, ma la Rete non ha tempo: ha googlato il nome e ha pensato che a passare a miglior vita fosse stato l’ononimo attore della serie TV “Trono di spade”, e si è disperata per l’uomo sbagliato.

Il fatto è che la Rete, la gigantesca e informe comunità digitale, ha la velocità di un giaguaro e un corpaccione da elefante. E come tale si muove, nella delicata cristalleria delle relazioni e delle reputazioni. Qualche volta, perfino in quella della politica.

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