È tornato Carosello, ma il tentativo di rilancio del format si è rivelato un flop, almeno da un punto di vista creativo, come si nota (giustamente) qui e qui. Insieme a Carosello sta tornando la pubblicità di venti o trent’anni fa. Un settimanale di intrattenimento ha presentato in edicola una serie di DVD con gli spot degli anni ’60, e qualche mese fa ha rifatto capolino in TV il mitico Gringo, indimenticato testimonial spaghetti western della carne Montana (gruppo Cremonini).
Il confronto, più che difficile, è inutile. A parte i tempi del vecchio Carosello, che oggi appaiono dilatati al limite della sopportazione, la versione originale era piena di invenzioni grafiche e stilistiche, realmente innovative per l’epoca.
Non è la prima volta che la pubblicità cita sé stessa, o meglio i suoi tempi d’oro. Ma il vero punto è: perché questo ritorno al passato? Forse non ci sono più idee? Non credo. Credo invece che questa sia la prova più lampante di come una comunicazione coerente sia stata in grado, in passato, di costruire valore intorno alla marca. Un asset imponente, al punto da poter essere ancora capitalizzato a distanza di cinquant’anni. E di questi nostri folli anni, cosa resterà fra cinquant’anni? Temo poco. I marchi hanno troppa fretta, troppa impazienza, cambiano agenzia ogni pochi mesi, comprano progetti a breve termine, con molti accessori e poche fondamenta. E i nostri figli non avranno neanche la soddisfazione di riguardarsi le vecchie pagine di Facebook. E ora, pubblicità.