Marchi nella nebbia.

Parlando di coerenza e di identità di marca, stento a seguire quella di Almo Nature. Più che un posizionamento univoco, sembra inseguire delle mode, peraltro già invecchiate. Nel 2010, una incomprensibile campagna firmata da Oliviero Toscani (un mediocre fotografo che inspiegabilmente viene ancora intervistato dalla stampa pigra come “pubblicitario”). Non la commento, sarebbe come sparare sulla croce rossa. Noto soltanto il patetico gioco di parole amore/almore/almo nature, e riporto le parole del guru: “Dietro questa campagna c’è un’idea e in quanto tale non ha nome. E’ emozione, è sensazione e desiderio: è filosofia. La filosofia di un’azienda che crede nella forza delle idee e dell’interpretazione personale.” (qui la fonte della citazione). Mi viene in mente il Briatore di Maurizio Crozza e scuoto tristemente la testa.

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L’anno dopo, qualcuno si ricorda che una campagna pubblicitaria dovrebbe forse anche vendere qualcosina, e mette in mano a una donna-gatto una busta di prodotto, elevando la campagna dall’incomprensibile al grottesco. Il risultato è raggelante.

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Quest’anno, si cambia registro. L’idea è quella di affidarsi alla sand artist Ilana Yahav. Idea non orginalissima, visto che l’artista era stata già cooptata per una visibilissima campagna ENI del 2010. È uno di quei casi in cui lo stile dell’artista prevale sul messaggio e sul brand: col risultato che adesso, guardando in TV i nuovi spot Almo Nature, sembra di vedere ancora ENI. Il posizionamento, ancora nella nebbia.

Cosa c’entrerà mai la nuova campagna con l’almore toscaneggiante? Qual è il fil rouge che dovrebbe condurci per mano? L’anticonvenzionalità riciclata? Se il concetto strategico è la naturalità, stento a trovarla in quei lugubri nudi con teste di animali, che non basta la parola amore a scaldare. Né la trovo nella comunicazione attuale (se non altro più morbida nel tone of voice), infarcita com’è di dati e percentuali.

Peccato, perché Almo Nature è un prodotto di qualità, e meriterebbe una comunicazione all’altezza. Forse il suo marketing dovrebbe affidarsi meno alle mode, e più a una solida strategia di marca. E ora, pubblicità.

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