Vorrei postare, da oggi e per tre giorni consecutivi, qualche riflessione sulla creatività: cos’è, a cosa serve e quanto vale. Non ho la presunzione di esaurire l’argomento in qualche post. Sono semplici opinioni e definizioni abbastanza personali, condivisibili o meno.
Tempo fa, a un seminario, mi chiesero di definire cosa fosse la creatività. C’era sul tavolo un settimanale e ne contai le pagine: erano 100 in tutto, e di queste 50 erano messaggi pubblicitari. Immaginiamo di essere comodamente seduti, magari in treno, e di leggerlo tutto insieme, articoli e pubblicità. Alla fine, di quei 50 messaggi, quanti ne ricorderemo? Due? Tre? Non credo di più.
Ecco: la creatività è quella cosa che fa sì che il messaggio del mio cliente sia uno di quei due o tre. Come ci riescano, è più difficile da capire, e da spiegare. Naturalmente, ci sono i messaggi che come lettore mi interessano per ragioni contingenti. Se sto pensando di comprare una nuova lavatrice, guarderò ogni annuncio di lavatrici con interesse. Ma suscitare un interesse che non esiste in partenza, è molto più difficile.
La creatività è quindi quella cosa che dà a chi ci legge (o guarda alla TV, o ascolta alla radio, eccetera) un buon motivo per soffermarsi sul nostro messaggio, e che lo rende rilevante. Lo diamo per scontato, eppure il lettore (o telespettatore, etc) non è affatto tenuto a farlo. Di messaggi ne riceve passivamente migliaia ogni giornata, eruttano dal suo PC, dal suo giornale, dai muri della sua città. Perché dovrebbe ricordarsi proprio del nostro?
I meccanismi che funzionano sono diversi. Possono usare tecniche retoriche, come la metafora o l’iperbole. In ogni caso, dire o mostrare qualcosa di interessante, perché intelligente, o inaspettato, o in grado di suscitare un sorriso che abbassa le nostre difese immunitarie verso la pubblicità. Il piacere della decodifica del messaggio (se non è un rebus da risolvere) è più coinvolgente di un imperativo. Mostrare un uomo e una donna felici perché usano il nostro prodotto non è molto interessante. Difficilmente la visione di una confezione del prodotto – contrariamente a quanto pensano molte aziende – scatena gli entusiasmi del target. Per un uomo d’azienda, il suo prodotto è il centro del mondo. Per un consumatore, è una scatola come tante.
La provocazione fine a sé stessa, senza un legame logico col prodotto o con il nostro messaggio, è quasi sempre irritante e controproducente. Gli effetti speciali, le megaproduzioni possono aiutare, ma solo se asserviti a una grande idea e non se fini a sé stessi. E comunque non sempre sono indispensabili: la pagina riprodotta qui sopra (il solito Bernbach, uno degli inventori della comunicazione moderna) ne è un esempio.
Insomma, la creatività è quello strano mix di tecnica e (qualche volta) genio che rende il mio messaggio degno di essere ricevuto, accolto, e forse anche ricordato. Questo fa la differenza. Insieme a una considerazione elementare ma sorprendente, che sarà l’inizio della seconda puntata, in onda domani su questo Blog. E ora, pubblicità.