Se si chiamano caratteri, ci sarà un motivo. Sono loro che danno a un titolo, a un testo, al nostro messaggio il tone of voice. Non è solo un fatto estetico, ogni carattere ha il suo carattere: pacato o autoritario, lezioso o essenziale, dovrebbe essere quello più giusto per il nostro messaggio, e per il nostro cliente. E’ così che un testo parla al di là delle parole che usa. Senza essere un esperto, credo di essere uno dei copywriter più innamorati della tipografia in circolazione.
Il Futura è un carattere senza tempo. Figlio dell’avanguardia razionalista degli anni ’20, e della tendenza a ricondurre le forme dell’architettura e del design alle loro componenti elementari, nasce quando il grafico tedesco Paul Renner vede i disegni di un alfabeto che il suo allievo Ferdinand Kramer aveva disegnato per l’insegna della cappelleria del padre, come racconta Giovanni Lussu nell’affascinante “Caratteri eminenti” (Farsi un libro, Biblioteca del Vascello, 1990). Il giovane Kramer aveva frequentato la Bauhaus, e Renner è affascinato dal rigore e dall’equilibrio del carattere. Ma c’è un problema: Kramer ne ha disegnato solo le maiuscole e le cifre. Renner si mette al lavoro sulle minuscole, ma il compito è più arduo del previsto: il rigore geometrico delle maiuscole (come la O perfettamente circolare, o lo spessore del tratto sempre costante) non funziona nelle minuscole, le rende rigide e poco leggibili. Alla fine, vincerà il compromesso, e il Futura – prodotto a partire dal 1927 – verrà trionfalmente presentato da Renner alla Triennale di Milano del 1933.
Fu un grande successo, le sue linee pulite ed essenziali sono entrate nella storia della tipografia. Fu il Futura che scelse l’art director Helmut Krone per il format grafico delle leggendarie campagne Volkswagen: una scelta che ha resistito dal 1959 fino a oggi (Bold per i titoli, Book per i testi). Molti marchi importanti lo hanno adottato come proprio carattere istituzionale (in Italia, Banca Popolare di Milano, Rai e Trenitalia, oltre al nostro cliente Università di Pavia, nella versione Light tutto maiuscolo). Come avere ottantasei anni, e portarli splendidamente.
E ora, pubblicità.
Ho 652 anni, non ho un buon carattere, anzi ho certamente un caratteraccio. I miei caratteri genetici sono scritti in indecifrabili segni che si stratificano e mutano nei secoli, sono stati incisi in bassorilievo, stampati in caratteri mobili, trasmessi in bit. Ho un carattere antico e leggero, essenziale, elegante e un po’ altero, di razza. Un carattere universale che invita all’ottimismo, con quel suo nome, Futura, che in realtà ha radici profonde. Come me.