Gli italiani in rete.

in retePrendo a prestito una foto da noi fatta per Discovery Channel qualche anno fa, per fare qualche considerazione sulla Rete. In questi giorni di dibattito politico permanente, ci si chiede se e quanto la Rete rappresenti davvero gli italiani. “La mia candidatura girava in Rete da mesi”, si sente dire. O peggio ancora: “Lo chiede la Rete”. Candidati vengono proposti alle Camere, o addirittura al Quirinale, con poche centinaia di voti online. Politici e giornalisti vivono appesi all’ultimo tweet proveniente dalla “base”, che determinano linee politiche e frettolosi incontri di direzione.

La Rete genera sentimenti di ammirazione e timore, e diventa un’entità sfuggente in nome delle quale tutto si fa e si disfa. Le stesse dinamiche si stanno impossessando anche del marketing, come già accennato nel mio precedente post. Ma la Rete siamo davvero noi, coincide davvero con l’Italia, la rappresenta?

Ci sono due risposte, una quantitativa e una qualitativa. Partiamo dalla prima. Gli ultimi dati ISTAT dicono che il 52,5% della popolazione italiana usa Internet, anche se quelli che lo fanno regolarmente (su basi quotidiane) sono il 29,5%. Anche scegliendo il primo dato, siamo lontani dalle percentuali di Svezia (91%), Olanda (90%), UK (81%) ma anche Francia (74%). Colpa delle infrastrutture e del digital divide (provate a collegarvi da un qualunque treno che traversa la Padania Felix). Ma anche colpa della nostra scarsa cultura tecnologica, visto che il 43,3% dichiara di non possedere un accesso Internet perché non ha le competenze per utilizzarlo. Cosa vuol dire? Che quando parliamo di Rete (si tratti di politica o di marchi), stiamo parlando al massimo di metà degli italiani. Gli altri sono fuori, non votano online, non ci seguono su twitter e non vedranno mai il nostro magnifico sito nuovo.

La risposta qualitativa ci dice che con tutta probabilità gli italiani online sono più giovani, moderni, aperti e curiosi della media nazionale. Non necessariamente migliori, ma di fatto queste sono le  caratteristiche naturali della Rete. Rappresentano solo quindi una parte del Paese, e non soltanto nei numeri. L’Italia più arcaica e conservatrice è di fatto sottorappresentata dalla Rete. Non solo: i navigatori attivi (quelli che partecipano votando, cliccando, scrivendo, commentando) sono una minuscola frazione rispetto ai navigatori passivi. Una minoranza rumorosa, preziosa in certi casi ma che rischia di apparire più rappresentativa di quanto effettivamente sia.

Le conclusioni? La Rete è certamente il fenomeno dei nostri tempi, da conoscere e da presidiare. Ma non è il Paese (o perlomeno non lo è ancora). E quindi non può essere l’unico mezzo su cui puntare (o perlomeno non ancora), a meno che il nostro prodotto non abbia una naturale affinità culturale, o demografica, o tecnologica, col mezzo. E se il nostro prodotto è un partito politico, è un bel rischio. Buona Liberazione a tutti. E ora, pubblicità.

2 thoughts on “Gli italiani in rete.

  1. bruttocao

    Non appartengo alla schiera dei bimbi che acchiappavano farfalle col retino, né a quella delle nonne che vanno a dormire col retino in testa, ho raramente tirato una palla in rete e guardo con sospetto le reti metalliche. Sono grata a chi ha scoperto le reti neuronali, a chi ogni giorno mette circuiti in rete e alle reti di persone che perseguono obiettivi comuni.
    La rete è un oggetto antico e un’antica metafora. Strumento per catturare animali e anime, persino tecnica di pesca di evangelica memoria. Si lancia, si tende, si cala, ma anche vi si cade, nella rete, reale e immaginaria, insidiosa trappola o lusinga amorosa da cui ci si lascia prendere. E da cui ci si può sottrarre. Perché la rete è un “Intreccio di fili di materiale vario, incrociati e annodati tra loro regolarmente in modo che restino degli spazî liberi”. Gli spazi liberi, appunto. Il vuoto attraverso cui defilarsi, fuggire dalla rete, non omologarsi, non accettare diktat, amicizie, temi e suggerimenti virtuali, in nome della realtà e della libertà di pensiero. Questa la vera liberazione.

    “Cerca una maglia rotta nella rete
    che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!”.

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    1. Fabio Gasparrini Autore articolo

      Cara Grazia, quanto scrivi è vero. La parola “rete” si presta a letture e valori diversi, può irretire, catturare, limitare. Chi ha pensato di usarla per primo, probabilmente nell’inglese “net” (chissà chi era) l’ha invece pensata come qualcosa di positivo, che collega i diversi nodi, strappandoli al loro monadismo (esiste un nodo senza una rete?) e rendendoli parte di un tutto unico. Quindi non qualcosa che costringe, ma qualcosa che collega e strappa alla solitudine. Le vie di fuga restano, ma dentro di noi.

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